Che io ci pensavo oggi.

Ero su Facebook ( e tutti qui nooooo. Sì ce l’ho l’account su Facebook e ci faccio pure i giochini scemi) e mi sono saltate agli occhi delle foto di attuali contatti con cui ero amica una vita fa.

Una vita fa, diciamo quando ero ragazza.

Lì mi sono resa conto di una cosa, quasi un teorema.

Più una persona fa una vita “normale”  (è magari, sposato, impegnato da tanto tempo, fa il lavoro che faceva il padre e che ha detto che non avrebbe mai fatto, è rimasto in una città da cui voleva andare via…insomma chi più ne ha più ne metta) più metterà foto che si rifanno a periodi passati tipo:

foto mentre lui suona la chitarra

foto coi capelli lunghi

foto in interrail fatto oramai 15 anni fa

foto a metà (solo il profilo buono non quello collassato da pranzi domenicali a casa della suocera).

Non ne capisco il perché e per un solo motivo.

Io faccio una vita profondamente banale: mi alzo di controvoglia, vado a lavorare in un ufficio, faccio un lavoro scarsamente interessante, esco dal lavoro, faccio un corso pallosissimo, vado delle volte a bere un aperitivo o a mangiare qualcosa ma il più delle volte devo trovare il tempo per fare la spesa, pagare le bollette, tornare a casa mangiare qualcosa e svenire a letto.

Ecco, io faccio queste cose ma quando vedo le foto di me a 18 anni o a 23 o anche solo di 4 o 5 anni fa mi viene  da sorridere non da metterle su una home page pubblica in modo che tu, che non mi conosci o che mi hai visto l’ultima volta 10 anni fa, ti faccia su di me un’impressione che non esiste.

Perché quella persona che sei stato, non lo sei più.

E per fortuna

(che se a 33 anni dovessi farmi male come quando ne avevo 20 e con quella frequenza ero già all’ospedale, ero).

I.